Nella prossima puntata, Alessandro Borghese si reca a Milano, dove si trova il mercato ittico più grande del nostro Paese. Con oltre 10mila metri quadrati e più di 25mila tonnellate di pesce all’anno, per un giro d’affari intorno ai 700 milioni di euro, è il centro di un “paradosso gastronomico” che fa sì che la città, pur a centinaia di chilometri dal mare, abbia sempre pesce freschissimo a disposizione. Per questo, Borghese va in cerca del Miglior ristorante di pesce di Milano.
I RISTORANTI DELLA PUNTATA
El Pecà: in via Orti, zona Porta Romana, un tempo quartiere “a luci rosse” di Milano, Filippo ha aperto questo locale chiamandolo “Il peccato”… «di gola, ovviamente! – ironizza – È un omaggio alla Milano di un tempo»: quella Milano dei racconti dei genitori (suo padre era il noto conduttore tv Cesare Cadeo), una Milano che era metropoli ma già con una ricca vita di quartiere. La cucina è semplice ma non banale, con richiami alla tradizione milanese (come la Milano al Mare, la rivisitazione della cotoletta alla milanese con il trancio di tonno rosso), e il risotto Tabù fatto con pistilli di zafferano, gambero rosso crudo e liquirizia. Filippo in passato è stato una testa calda, ma ora si è calmato, anche se comunque non le manda a dire: «Detesto quei posti che parlano di esperienza legata alla cucina – dice – per non parlare dell’eccesso di contaminazioni… tutta moda! L’importante è creare piatti classici ma raffinati». El Pecà è un bistrot curato e raffinato, senza tovaglie ma con tovagliette moderne e segnaposto a forma di pesciolini, con un gusto contemporaneo ma caldo, totalmente scelto da Filippo.
Ristorante Da Giulia: un angolo di Puglia tra Sarpi e Sempione, grazie alla cucina verace e passionale di Giulia, così esigente sulle materie prime che lì ormai tutti la conoscono. Un po’ come al ristorante. Donna tutta d’un pezzo, comanda senza esitazioni il suo ristorante: «Ogni pesce per me è come un figlio – racconta – sono i miei bambini. Non consiglio mai un piatto al posto di un altro proprio per non fare torto a nessuno». Arrivata a Milano 40 anni fa per amore, è rimasta fedele alla sua terra; Chef del ristorante insieme al figlio, propone una cucina classica con un occhio di riguardo ai crudi. Per lei cucina fusion o tecniche moderne «non hanno senso». Da Giulia è un grande e accogliente ristorante di pesce che urla tradizione in ogni dettaglio. Un acquario incornicia la sala arredata con gusto classico.
T4 Bistrot Exprerience: in Porta Genova, a ridosso dei Navigli, c’è il T4 Bistrot Experience di Nicolas, lo chef. Dopo molte esperienze (anche stellate) in giro per il mondo, si è fermato a Milano per amore. La cucina scorre nelle sue vene, i nonni erano gastronomi. Il suo approccio alla vita verrebbe definito in città “fighetto”, motivo per cui fin da quando è piccolo lo chiamano il Principe. Nicolas ha un’idea chiara di cucina: «Un bistrot experience per dare un’esperienza di cucina gourmet a prezzi accessibili in un ambiente urban», racconta, in cui vengono utilizzati soprattutto prodotti italiani ma «metodi di cottura alla Gordon Ramsay». Hanno solo padelle in ferro e ghisa, propongono salse di tutti i tipi. Più che fusion, ma Nicolas si definisce volentieri «”confusion”: qui lo staff è vestito in maniera informale, l’ambiente è un mix tra gli anni ‘30 e gli anni ‘70, la cucina mischia il mio background e la clientela è giovane e variegata». Il T4, chiamato così perché in Via Tortona 4, è contaminato anche nell’arredamento: lampadari antichi stile anni ‘30 con tocchi urban come i mattoni a vista e tovagliato bianco ed elegante. È presente anche uno Chef’s table in una nicchia per chi vuole stare appartato.
Shannara 2: in zona Lodi c’è Shannara 2, gestito dal milanese Danilo, che ricopre a suo dire un ruolo di «jolly tra la cucina e la sala: dove c’è bisogno vado, devo avere tutto sotto controllo». La parola d’ordine per lui è “top”, dalle materie prime alle scelte gastronomiche. All’interno dell’acquario del ristorante si trovano solo eccellenze: astici blu, astici jumbo, king crab, ostriche. Propone una cucina tradizionale di pesce, dal plateau di crudi ai taglioni con calamari e bottarga (preparata personalmente), senza dimenticare qualche abbinamento particolare come l’involtino di tonno con crema di bufala e olio tartufato o il carpaccio di branzino con pecorino sardo grattugiato. La location è meno top del menù, ma per scelta: «La mia idea di perfezione è: 20 coperti, 3 dipendenti, qualità, freschezza dei prodotti e prezzi onesti», dice. Essendo cresciuto nel ristorante di pesce conosce bene la materia prima ed è stanco di vedere e mangiare sempre le stesse cose. Shannara 2 si chiama così in onore di una serie di romanzi fantasy di cui Danilo è fan e perché anni fa ne avevi aperti altri insieme a un socio. La location è divisa in due ambienti: uno al piano terra, molto razionale nell’arredamento, dove si trova l’acquario; un altro interrato, con mattoni a vista e le bottiglie di vino esposte.